Adele Succetti, Membro SLPcf e AMP

“In realtà, ciò che ci trattiene è quello che non si adatta, ciò che nel quadro si distingue o che è una macchia. È il paziente stesso, in definitiva, a sottolineare ciò che vive come discontinuità nella sua esistenza, anche solo quando accenna a ciò che non va. Questo è il minimo richiesto per entrare in analisi. […] Possiamo dire che il sintomo è un fatto di discontinuità. Senza dubbio il paziente misura ciò che non va con ciò che vorrebbe essere.”

J.-A. Miller, Cause et consentement, 27 janvier 1988

“Quando valutiamo un’entrata in analisi, esprimiamo un giudizio sulla probabilità o meno che il soggetto possa scollarsi dalla sua posizione iniziale, che ci faccia vedere se è in grado di distaccarsi dai suoi ideali, per esempio. Non possiamo allora dire che apprezziamo un margine di autonomia di questo soggetto, in relazione ai suoi ideali, o in relazione ai significanti che condizionano i significati stessi in cui questo soggetto vive la sua realtà? In questo senso, è proprio alla sua facoltà di interrogarsi che possiamo affidare una decisione qualificata.”

J.-A. Miller, Cause et consentement, 24 février 1988

Oltre all’urgenza del sintomo, in quanto discontinuità che può motivare una domanda d’aiuto, l’entrata in analisi richiede, come ci indica J.-A. Miller nel suo corso Cause et consentement, dell’altro: da un lato, una valutazione, di cui l’analista è responsabile, e, dall’altro, un consenso da parte del paziente. Anche se, dice ancora Miller, “nella pratica lacaniana non abbiamo standard […] abbiamo dei principi ed è necessario formalizzarli”.[1] Quindi si tratta anzitutto di cogliere se il paziente ha un rapporto con l’inconscio a cielo aperto o se, invece, per lui funziona la rimozione. Qual è, inoltre, il suo rapporto con la sua parola? È in grado di staccarsi dai propri significanti-padroni, che lo fanno soffrire, o meglio, può acconsentirvi? Questa è, mi pare, la valutazione di cui l’analista è responsabile e che è, al tempo stesso, una scommessa.

Sul lato del paziente, invece, non basta la lamentela (“vengo qui per vuotare il sacco”), godimento inutile e che si autoalimenta, è necessario perdere qualcosa, acconsentire al fatto che dire non è mai quello che si pensa. Si inciampa, si dimentica, si dice di più di quello che si pensava, si perde …. E in questo modo si entra. È necessario, quindi, a-consentire a una perdita di godimento per trovare la via, complessa e spesso poco piacevole, del proprio desiderio.

[1] J.-A. Miller, Introducción al método psicoanalítico , Eolia-Paidos, reimpresión Buenos Aires, 2006, p. 14.