Giuliana Capannelli membro AME SLPcf e AMP

“Come farsi fuori” potrebbe essere uno dei principi guida della posizione analitica.

La tattica è molteplice, la strategia mirata, la politica unica.

Il “c’è dell’analista” si realizza nel momento in cui la persona cede il posto, si de-umanizza, è ridotta all’osso, non c’è più niente da spolpare. La dibattuta frase: “Si analizza a partire dal punto in cui si è stati analizzati”, ha almeno questo come orizzonte.

Si fatica una vita, a lacrime e sangue, per emergere almeno un po’ come soggetti e si ha come contraltare di espropriarsi del proprio io, esfoliarlo, come la famosa cipolla appunto, per arrivare a quel nucleo centrale che nello svanire di consistenza acquista di operatività. Un “non c’è” non meno presente, un’assenza al limite dell’ascetismo, che rinuncia però alla presa ideale che ne farebbe una religione o un assoluto.

Non esiste alcuna azione diretta sull’altro che può essere esercitata con una qualche finalità analitica, nessun calcolo anticipatorio o prassi da applicare. Meno siamo lì per lui e più funziona. Così, nell’accogliere una domanda di cura, non resta che occuparci della sua messa in moto, dei suoi giri. E non c’è bravura in questo, c’è solo l’essere a servizio di quella causa, offrire la propria manovalanza o meglio plasmarsi come oggetto versatile perché ciascuno possa farne un uso proprio.

Senza i nostri orpelli tutto fila più liscio, sia la messa in forma della domanda che la sua risoluzione nel momento della caduta del transfert. Ogni presenza immaginaria dell’analista è di troppo e pesa a volte fino a mettersi di traverso al lavoro. E così, sarebbe cosa buona e giusta interessarci soprattutto della nostra dipartita. Occupare il posto del morto, ma non come modo di dire, come unica possibilità di accedere al parlessere.

Farsi buco per l’altro, in una non-azione costante che si trasforma a volte in cassa di risonanza e altre nella possibilità di farsi depositari della lettera di godimento.

Se la conclusione di un’analisi si misura anche in considerazione della sua messa in forma, non è di poco conto verificare che ci sia “dell’analista” fin dalle battute d’inizio. Sfrondare l’immaginario e limitare la chiusura sul senso interessandosi alla moterialità dell’inconscio può darci una chiave di apertura. L’entrata in analisi non è senza l’analista, a ciascuno interrogarsi sul posto che occupa nella contingenza dell’ascolto.